Addio al papà di Montalbano

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Se ne è andato questa mattina, avrebbe compiuto 94 anni a settembre Andrea Camilleri. Da un mese era ricoverato in rianimazione all’ospedale Santo Spirito, per arresto cardiaco.

In principio lo scrittore aveva già perso in parte la vista, ma non di certo il temperamento, quello che gli dava la capacità di raccontare e di comprendere la realtà con ironia e dolcezza. Non si era fermato neanche quando, qualche settimana prima del malore si era rotto il femore, i suoi progetti e le sue idee dovevano continuare a marciare. Di fatto nonostante ciò avrebbe comunque voluto esibirsi qualche giorno fa a Caracalla.

Ma dal ricovero non si era più ripreso, le sue condizioni sono andate peggiorando, così tanto da portare i medici ad interrompere i bollettini dal 21 giugno. Se ne è andato assistito e avvolto dall’amore delle sue donne, la moglie e le 3 figlie.

Estremamente profonda e commovente la dedica lasciata ai social, dall’uomo che forse più di tutti gli è stato accanto in questi anni, dal suo Commissario:

“E alla fine mi hai spiazzato ancora una volta e ci hai lasciato. Nonostante le notizie sempre più tragiche, ho sperato fino all’ultimo che aprissi gli occhi e ci apostrofassi con una delle tue frasi, tutte da ascoltare, tutte da conservare.

E invece è arrivato il momento di ricordare. Di cercare le parole per spiegare chi sarà per sempre per me Andrea Camilleri. Un Maestro prima di tutto, un uomo fedele al suo pensiero sempre leale, sempre dalla parte della verità che ha raccontato tutti noi e il nostro paese. Mancherai. È inevitabile, è doveroso. Per la tua statura artistica, culturale, intellettuale e sopratutto umana.

Le tue parole resteranno sempre con la stessa semplicità e con l’immensa generosità e saggezza con cui le hai condivise, da mente libera e superba quale sei.

Ma sopratutto mancherai a me perché in tutti questi anni meravigliosi in cui ho incrociato la mia vita con quella del commissario, mi sei stato amico. Ho avuto la strana sensazione che bastasse un tuo tratto di penna a cambiare la mia vita.

Ho vissuto accanto a te, nel tuo mondo, quello che avevi creato, quello che ti apparteneva perché uno scrittore non può che riportare se stesso nelle cose che scrive. E ho imparato tantissimo. Il rispetto per le persone, tutte, per se stessi e per le persone deboli. Perché il tuo commissario è così che la pensa.

A volerti bene no. Quello già sapevo farlo dai tempi dell’accademia, quando non ci trattavi da allievi, ma piuttosto da colleghi. Ho imparato che il valore delle persone non c’entra nulla con quello che guadagnano, con le posizioni che ricoprono, con i titoli che adornano il loro cognome: le persone si valutano per quello che sono.

Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò, anche da solo, nella mia testa, “Montalbano sono!” dovunque te ne sia andato sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l’occhiolino in segno di intesa, come l’ultima volta che ci siamo visti a Siracusa.

Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve! Tuo Luca”

Noi da umili lettori, non possiamo che credere che uomini di questa portata, quando se ne vanno non muoiono mai veramente, perché rimangono indelebili nella memoria di chi legge.

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