8 anni senza Marco Simoncelli

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Il tempo molte volte sembra sfuggirci di mano, “vola” come siamo soliti dire ed è quello che è successo dopo la morte di un ragazzo, troppo giovane per essersene andato.

Questa è una storia triste a cui in questi giorni non possiamo fare a meno di pensarci.

Una storia di un giovane di talento, pieno di passione per il suo lavoro che il 23 ottobre del 2011 moriva all’età di 24 anni.

Marco Simoncelli ci lasciava già 8 anni fa, in un terribile incidente durante il Gran Premio della Malesia, sul circuito di Sepang.

Il Sic, così lo chiamavano tutti e così continuiamo a chiamarlo, nel frattempo ha ricevuto il riconoscimento postumo di MotoGP Legend e il suo numero di gara, il 58, è stato ritirato ufficialmente dalle corse.

Quel 23 ottobre di 8 anni fa andava in scena la penultima prova del Mondiale classe MotoGp. Simoncelli, già vincitore 3 anni prima del mondiale in 250, andava a caccia di una vittoria (come egli stesso nel suo ultimo video-messaggio raccontava) dopo il secondo posto conquistato in Australia.

A quel tempo il Sic, stava emergendo come il nuovo talento del motociclismo italiano, seppur tra le critiche per il suo stile di guida coraggioso e spesso oltre il limite. Durante il secondo giro il Sic perde il controllo della sua Honda e nel tentativo di rimanere in sella taglia trasversalmente la pista, venendo travolto dai piloti che lo seguivano, Colin Edwards e Valentino Rossi, che non possono evitarlo.

A rovinare la sua situazione è proprio l’impatto, così violento da sfilargli il casco. Simoncelli muore per i traumi riportati alla testa, al collo e al torace.

Oggi ci resta indelebile il ricordo di un personaggio rimasto nel cuore di tutti gli appassionati e non solo.

Quella domenica, in Italia era mattino presto quando davanti alla tv rimanemmo tutti impietriti e lo show della MotoGP a Sepang si trasformò in una tragedia. Ancora oggi il pilota ha lasciato un vuoto incolmabile, non solo come pilota ma proprio come persona, non era solo un indimenticabile campione era soprattutto un ragazzo d’oro.

Una caduta in gara, come purtroppo ne vediamo tante, però con un tragico epilogo. Il dolore fu immenso e non mancarono a quel punto, numerose analisi che misero sotto accusa il motociclismo stesso.

In quel momento tutti si scagliarono contro il motociclismo, contro questo sport ad alta velocità. Come avviene ogni volta che si vive un dolore, in quel momento si cercava un colpevole, ci si chiedeva cosa si sarebbe potuto fare per evitare quel tragico e ingiusto evento.

Ma quel giorno purtroppo, non vi furono responsabilità, fu la Fatalità a fare da padrona.

Certo, come avviene per la F1, sul piano della sicurezza non si finisce mai di lavorare. È prevalsa infatti la convinzione che l’elettronica potesse aiutare i piloti nel gestire il controllo di trazione, potenze e coppie dei motori.

Per decenni, oltre a piste vere trappole per piloti, gli incidenti furono causati dal grippaggio dei motori, dal blocco del cambio o dei freni. Oggi quei problemi sono stati ampiamente risolti, ma altri pericoli sono spuntati dietro l’angolo, legati soprattutto alle potenze dei motori e alle nuove gomme.

Ma nel motociclismo il rischio è parte della competizione. Non possiamo negare che sia uno show in cui il coraggio dà spettacolo e talvolta reclama un prezzo altissimo, di cui i protagonisti sono consapevoli.

“O si smette di piangere o si smette di correre”.

Enzo Ferrari

A noi intanto non resta che attendere la prossima tappa per l’Australia 2019 MotoGP.

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