Gli anni più belli

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Non potevamo mai perderci l’ennesimo capolavoro di Gabriele Muccino, perché tale si è confermato essere “Gli anni più belli”.

A interpretarlo, Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria. Nel cast, una grande new entry per il grande schermo, Emma Marrone. Girato quasi interamente a Roma, il film è costato otto milioni di euro.

La storia vede l’evolvere di un’amicizia fra 4 amici, nell’arco di 40 anni, fra alti e bassi, fra passioni e desideri, ognuno con le reciproche problematiche di vita che volenti o dolenti si ripercuoteranno sulla loro amicizia.

Tanta la strada che macinano i 4, da quando i problemi da piccoli sembravano essere solo una sfida, fino alla vita da adulti, quando i problemi iniziano a sembrare degli ostacoli insormontabili.

Roma, 1982. Giulio, Paolo e Riccardo hanno 16 anni e tutta la vita davanti, Riccardo dopo una turbolenta manifestazione studentesca, si guadagna per sempre il soprannome di Sopravvissuto.

Al loro trio si unisce Gemma, la ragazza di cui Paolo è perdutamente innamorato. Tutti e quattro si troveranno a sopravvivere a parecchi eventi, sia personali che storici, fra i secondi ci sono la caduta del muro di Berlino, Mani Pulite, la “discesa in campo” di Berlusconi e il crollo delle Torri Gemelle.

Da tutto questo e molto altro, impareranno a loro spese che ciò che conta veramente sono “le cose che ci fanno stare bene” e che certi amori – così come certe amicizie – “fanno giri immensi e poi ritornano“.

A tornare spesso nel film Claudio Baglioni che viene evocato ben tre volte, con “E tu come stai?”, “Mille giorni di te e di me” e l’inedito, da lui scritto e interpretato che accompagna i titoli di coda e che vi farà uscire dalla sala cantando.

Sicuramente la grande interpretazione di tutti i personaggi ha reso questo film un vero e proprio evento, di quelli che ti tiene incollato con gli occhi allo schermo e con il fiato sospeso. Dai giovanissimi, scelti con cura perfettamente in sincrono con gli “adulti” oltre che molto somiglianti.

Le scene, così nel loro taglio, nella loro realizzazione, rivelano un’onestà artistica che rende tutto molto credibile. Ciò che più di tutto mi ha sconvolto è il montaggio di Claudio Di Mauro, specialmente nella scena dove Gemma, nelle varie fasi della sua vita, sale di corsa le scale è per me una delle più belle del film. Una sorta di chiusura a cerchio all’americana ma con uno stile veramente unico.

«È il film più grande che abbia mai realizzato perché i personaggi sono la microstoria nella cornice della grande storia. Sullo sfondo della storia che racconto c’è l’Italia che cambia, dalla fine degli anni di piombo alla caduta del Muro di Berlino, dalla stagione di Mani pulite all’11 settembre. Racconterò anche l’ascesa del Movimento 5 stelle. Non sarà un viaggio nostalgico, o pessimista: tutti i personaggi, con le loro difficoltà, sono spinti dall’idea che domani sarà un giorno migliore».

Gabriele Muccino inoltre rivela che nel 1982, quando i protagonisti del suo film hanno 16 anni, Muccino ne aveva quindici:

«E non ero felice. A quindici anni ero un adolescente profondamente incompiuto, poi a trenta ho iniziato a fare cinema e ho trovato il mio modo per comunicare col mondo».

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