La F1 fa i primi tagli agli stipendi

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Come vi abbiamo anticipato in precedenza, la “sede fiscale” determina le tasse sul reddito. Dopo aver detratto le spese per l’assicurazione personale, le tasse pagate alla fonte nelle nazioni che lo prevedono e le spese per gli spostamenti, quando non sono compresi nel contratto con il team, tutto quello che resta viene poi tassato in base alla sede di residenza.

Per questo molti piloti hanno la sede in Svizzera perché la professione di pilota non è riconosciuta, in quanto nella confederazione sono vietate le gare, per cui si paga un forfait annuale, mentre Montecarlo si è adeguata al regime fiscale francese. Gli inglesi, invece, hanno l’isola di Man come paradiso fiscale in cui spostare la loro residenza e pagare meno tasse sul reddito percepito.

Di conseguenza è tempo di tagli a personale e retribuzioni. I primi tagli arrivano in casa McLaren, primo team di F1 a piegarsi alle conseguenze economiche provocate dal Covid-19 .

Lo stop forzato della stagione 2020 e tutti i problemi ad esso connessi, hanno spinto la scuderia inglese con sede a Woking a mettere in congedo forzato una parte dei circa 900 dipendenti. Per altri si profila un periodo di tre mesi di cassa integrazione, mentre quelli che restano in servizio si vedranno lo stipendio decurtato.

Anche i piloti Carlo Sainz e Lando Norris hanno detto sì alla riduzione dell’ingaggio, nella stessa percentuale di tutti gli altri dipendenti del gruppo. La McLaren ha fatto sapere che questi provvedimenti fanno parte di un piano:

per garantire che i dipendenti possano tornare al lavoro man mano che l’economia si riprende”, dopo il passaggio della pandemia.

Secondo la BBC, l’AD della McLaren Zak Brown avrebbe informato delle sue decisioni le altre squadre di F1.

È una decisione importante che prima o poi qualcuno avrebbe dovuto prendere, visto che come sappiamo, a causa del Coronavirus, i primi otto Gran Premi della stagione 2020 di F1 sono stati annullati e altre gare in calendario potrebbero seguire la stessa sorte.

L’AD della Formula 1 Chase Carey ha detto che spera si possa arrivare a una stagione di almeno 15. In una recente intervista, Gunther Steiner ha dichiarato che non vede le condizioni per una partenza del mondiale prima di agosto.

Una cosa è sicura la pandemia del coronavirus, è destinata a lasciare un segno profondo anche nel mondo dell’automobilismo sportivo. Si tratta di cambiamenti profondi, destinati a mutare completamente il prossimo futuro del Circus.

Qualcuno parla di “presa di coscienza”, la fragilità del sistema messa in luce da questa crisi sembra aver accelerato il processo, già messo in moto da Liberty Media, per la riduzione dei costi che, se prima era un’urgenza, ora diventa una drammatica necessità. Nessuno può più pensare di spendere diverse centinaia di milioni per far correre due monoposto che, magari, per un insieme di circostanze, si fermano già dopo i primi chilometri di una gara. Altri costruttori, come la Renault e la Honda, rischiano di dover ridimensionare il proprio impegno nel motorsport, come già accaduto in passato, per far fronte al calo di fatturati e margini del loro core business e agli ingenti investimenti imposti dall’elettrificazione dei prodotti.

Addirittura delle squadre minori, è in gioco la stessa sopravvivenza, Williams e Haas, per esempio, corrono seri rischi.

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