Amazon abbandona San Marino

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San Marino esce dalla lista dei buoni di Amazon.

Ma di chi è la colpa? Chi ha preso questa decisione?

Il ministro: «È ora di sedersi a un tavolo»

Amazon consegna quasi ovunque nel mondo ormai, “quasi” perché ora c’è anche un francobollo di terra circondato dall’Italia dove non arriva nulla, San Marino. I 33mila abitanti continuano a vivere serenamente, nessuno è sceso in piazza a lamentarsi al momento, un po’ di sano protezionismo fa anche bene, ma la storia va avanti da anni, il nodo non si scioglie e le restrizioni da pandemia l’hanno reso quasi un cappio.

La questione irrisolta insomma è riemersa e il ministro dell’industria e del commercio, Fabio Righi, l’ha rilanciata dopo Natale, affermando:

«Stiamo prendendo contatto con le principali piattaforme di commercio online fra cui Alibaba, affinché il nostro Paese sia servito. Siamo pronti a sederci al tavolo anche con Amazon per trovare una soluzione che non penalizzi consumatori e aziende. Siccome di fatto Amazon continua a operare sul Monte credo sia nell’interesse di tutti normalizzare e armonizzare i rapporti».

In effetti Amazon opera «di fatto», nel senso che molti sammarinesi fin da subito hanno trovato un’escamotage all’italiana: scrivono correttamente nome, cognome e la via sammarinese, poi invece alla voce «città», assai poco patriotticamente, indicano «San Marino provincia di Rimini», con il Cap di Rimini e come Stato l’Italia. Da far svenire i puristi della Rocca. I pacchi però pare che arrivino senza problemi.

Ma come mai siamo a questo punto? La querelle fra la piccola Repubblica indipendente e la multinazionale di e-commerce è sul tavolo dal 2014.

I rapporti si ruppero quando ad Amazon venne chiesto di regolarizzarsi e conformarsi alle norme sammarinesi, attraverso il versamento dell’imposta monofase, una sorta di Iva. Lo strappo è arrivato dopo il fermo di tre bancali di merce da parte di agenti della Polizia Civile.

Alla base del sequestro il fatto appunto che Amazon spedisse in Repubblica in esenzione di monofase. Evidentemente Amazon aveva scelto di non sottostare alle richiese dello stato sammarinese decidendo, dopo il sequestro, di bloccare tutte le spedizioni sul territorio.

Un triplice danno per San Marino, che non riscuote la monofase, per i consumatori, che non possono usufruire del servizio, per le aziende che potrebbero vendere più agevolmente i loro prodotti online ecc.

Come spiega Francesca Busignani dell’Unione consumatori sammarinesi:

«Il fatto che Amazon consegni in tutto il mondo ma non a San Marino rappresenta un problema sia per il consumatore sammarinese che giustamente vuole usufruire di questa piattaforma senza doversi appoggiare a un amico, a un parente o a una casella postale in Italia, sia per lo Stato che con questa modalità non ha nessun introito. Se è vero che specie in questo momento è preferibile privilegiare gli acquisti interni, è anche vero che ci sono articoli che a San Marino non si trovano».

La situazione oggi si è ribaltata, fino al 2014 si poteva acquistare la merce al netto dell’Iva, tanto che il sospetto delle autorità di San Marino era che tutti quei pacchi non venissero ordinati solo da cittadini sammarinesi, ma anche italiani, residenti nel circondario. Oggi invece non solo i sammarinesi devono pagare l’Iva, ma devono pure arrovellarsi per aggirare il «bando», indicando appunto un cap di Rimini.

Ora si sta tentando di ricucire lo strappo con il gruppo di Jeff Bezos, dopo anni di guerra fredda.

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