Quando la Marvel fallì al cinema ma rimase nella storia

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La storia del Cinema e non solo è costellata di questi avvenimenti, film che al botteghino sono stati un fiasco ma che sono rimasti nella storia e sono tutt’ora molto amati. Così come accade per quei film che magari hanno avuto anche riconoscimenti importanti, come gli Oscar ma che poi non sono stati digeriti dal pubblico.

Io me lo ricordo bene Howard, il papero parlante, uscito nelle sale cinematografiche statunitensi nel 1986, eppure sono nata nel 1987, questo vuol dire che ho dovuto attendere qualche anno.

Ebbene in principio fu un papero, oggi siamo abituati agli eroi Marvel come degli dèi, super soldati o uomini in armature hi-tech, il primo film ispirato a un personaggio della casa non fu uno dei pezzi da novanta, ma una figura poco nota che, incredibilmente, divenne il primo esperimento di cinecomics Marvel.

Era il 1° agosto 1986 quando le sale americane accolsero Howard The Duck (in italiano Howard e il destino del mondo), film che secondo i critici divenne per decenni un esempio su come “non realizzare” un film tratto dai fumetti.

Ma cosa è andato storto?

La prima perplessità è proprio la scelta del protagonista, un volto certo non di primo piano nel ricco parterre degli eroi Marvel che poteva vantare ben altri miti con cui iniziare un progetto serio di serializzazione cinematografica.

Dal punto di vista dei comics, i nuovi slanci narrativi stavano portando i personaggi dei fumetti a uscire dalle ultime vestigia della Silver Age, liberandoli finalmente dai limiti del Comics Code Authority e portando il lato umano dell’eroe in primo piano, anche lanciandosi in disamine crude del lato oscuro dell’eroismo.

In questi anni nascono piccole perle come Il demone nella bottiglia, Watchmen o Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, che incarnano la volontà degli autori di ritrarre con maggior attenzione la società contemporanea, andando oltre il concetto di eroi puri.

Quando Steve Gerber e Val Mayerik fecero esordire il loro Howard il papero nel 1973, all’interno di Adventures into Fear, non potevano immaginare che sarebbe stato eletto come biglietto d’ingresso a Hollywood per la Marvel. Sboccato, irriverente, ai limiti del consentito dal Comics Code Authority, Howard è uno strumento di satira feroce, quasi un antenato di Deadpool, capace di cambiare registro narrativo da un numero all’altro, mantenendo inalterato solamente il suo carattere graffiante.

Ammetto che da piccola forse mi spaventava un po’.

E come se non bastasse, era impensabile non immaginare che la Disney non intentasse una causa milionaria, accusando la Marvel di plagio per avere utilizzato il suo Paperino come modello. Che si risolse in modo a dir poco esilarante, nel film emerse il problema dell’assenza dei pantaloni nel mondo di Howard, una rivelazione che portò all’introduzione di questo capo d’abbigliamento, che distinse in modo più marcato il papero marveliano dal suo simile disneyano.

Secondo i critici, Howard era il personaggio meno adatto a conquistare il grande schermo, in un periodo in cui la società americana era attraversata da tensioni sociali forti che mal si conciliavano con intenti parodistici o di critica, tipici delle prime pubblicazioni di Howard. Una caratteristica che però attirò l’attenzione di un nome che in un quel periodo era considerato una delle stelle del firmamento hollywoodiano, George Lucas.

Che Lucas fosse un appassionato di fumetti non è certo un mistero. Alcune scene di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta sono un omaggio a storie celebri dei fumetti Disney, come Zio Paperone e l’oro di Cibola.

A rivederlo oggi, ammetto che tutti i difetti da sempre associati alla pellicola sono innegabili, ma sono anche parte del fascino di questo film.

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