Addio a Peter Bogdanovich

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Il mondo del Cinema ha detto addio al regista statunitense, scomparso a 82 anni. Raffinato estimatore della tradizione della Hollywood degli anni ’30 e ’40, ha diretto film cult come “L’ultimo spettacolo” e “Paper moon”.

Il regista, attore e sceneggiatore statunitense Peter Bogdanovich è morto il 6 gennaio per cause naturali nella sua casa di Los Angeles. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla figlia Antonia Bogdanovich a “The Hollywood Reporter”.

Il suo film più conosciuto e apprezzato è “L’ultimo spettacolo” del 1971, che conquistò 8 nomination dell’Academy Award e 2 Oscar, consacrandolo come uno dei registi della “New Hollywood” insieme a William Friedkin, Brian De Palma, George Lucas, Martin Scorsese, Michael Cimino e Francis Ford Coppola.

Raffinato estimatore della tradizione della Hollywood degli anni ’30 e ’40, con la quale intrattenne una sorta di dialogo in qualità di critico, Bogdanovich si affermò all’inizio degli anni ’70 con un cinema pervaso dal piacere del ricordo e della rievocazione nostalgica.

Nei suoi film, caratterizzati da uno stile sobrio, il ricorso alla citazione si rivela originale mezzo espressivo per una riflessione sul recente passato degli Stati Uniti che privilegia la dimensione dell’immaginario cinematografico, come testimoniano pellicole come “Vecchia America” (1976), “Saint Jack” (1979, premio Pasinetti alla Mostra del cinema di Venezia), “…e tutti risero” (1981) e “Texasville” (1990).

Nato a Kingston (New York) il 30 luglio 1939, da padre serbo e da madre austriaca di famiglia ebrea, già all’età di 10 anni Peter Bogdanovich era un assiduo frequentatore di sale cinematografiche, spesso in compagnia del padre Borislav – un pittore che gli trasmise il gusto dell’arte e della cultura europea – e un brillante imitatore di attori Jerry Lewis.

A 15 anni iniziò a frequentare i corsi di recitazione di Stella Adler al Theater Studio di New York, per poi esordire 19enne come regista teatrale. Dal 1959 si dedicò alla critica cinematografica, scrivendo recensioni e articoli per alcuni giornali e per riviste specializzate (poi pubblicati nelle raccolte “Pieces of time” del 1973 e “Picture shows” del 1975), e nei primi anni ’60 curò per il Museum of Modern Art di New York rassegne monografiche e pubblicazioni su Orson Welles, Howard Hawks e Alfred Hitchcock, i suoi registi preferiti, insieme a John Ford.

Il desiderio di lavorare per il cinema spinse Bogdanovich nel 1964 a trasferirsi a Hollywood, dove iniziò a collaborare con lo studio del regista e produttore Roger Corman, per il quale fu di volta in volta sceneggiatore, attore, aiuto regista, operatore di riprese.

Bogdanvich fece il suo esordio cinematografico come regista con “Bersagli” (1968), primo di 34 film, prodotto dallo stesso Corman, narra la storia di un giovane serial killer, il cui destino si incontra con quello di una star del terrore cinematografico, il film fu accolto con favore dalla critica, anche per il toccante omaggio a Boris Karloff, in una delle sue ultime apparizioni.

Nel 1971 il successo di critica e di pubblico raggiunse una dimensione internazionale con “The last picture show” (L’ultimo spettacolo), film in bianco e nero interpretato da Timothy Bottoms, Jeff Bridges e Cybill Shepherd, con Ben Johnson e Cloris Leachman che conquistarono l’Oscar come migliori attori non protagonisti: ambientato nel Texas anni ’50, racconta la triste vita di provincia di Sonny, Jacy e Duane e rappresenta simbolicamente attraverso la chiusura di una sala cinematografica la fine di un’epoca.

Ha scritto diversi libri sul cinema, spesso tratti da interviste con registi. Celebre è il suo “Il cinema secondo Orson Welles” (Il Saggiatore, 1993) lunga conversazione con il regista di “Quarto potere”, ma importanti studi sono anche stati dedicati da Bogdanovich a Hitchcock, Howard Hawks, Fritz Lang, Allan Dwan e John Ford. Fandango ha pubblicato i suoi libri “Chi c’è in quel film?” e “Chi ha fatto quel film?” (2010).

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