Rinunciare all’eredità, tutto quello che vi serve sapere
L’apertura della successione fa spesso sorgere in capo a chi è chiamato ad assistere, una serie di diritti e poteri.
Fra i più rilevanti, quello dell’accettazione o della rinuncia all’eredità.
Il primo ha luogo espressamente oppure tacitamente, in caso di accettazione tacita tramite atti che facciano presumere la volontà di subentrare nella posizione giuridica del defunto. La rinuncia, disciplinata agli articoli 519 e seguenti del codice civile, si esercita con una dichiarazione espressa di voler rinunciare all’eredità.
Varie invece sono le ragioni sottintese ad un atto di rinuncia all’eredità, come un patrimonio ereditario carico di debiti oppure altre ragioni di natura morale, familiare o economica. Sulla natura giuridica della rinuncia, la dottrina e la giurisprudenza più consolidate sono giunte a qualificarla come un negozio giuridico con cui il chiamato rinuncia agli effetti della delazione ereditaria.
La rinuncia all’eredità è l’atto con cui il chiamato dichiara di non accettare l’eredità e dunque di non accettare la chiamata a succedere. È un diritto che si esercita con espressa dichiarazione scritta da effettuarsi di fronte ad un notaio o presso la cancelleria del tribunale.
Si qualifica in diritto come un negozio giuridico unilaterale che ha effetto durante la vita del soggetto che lo compie, revocabile, come si vedrà in seguito e non recettizio. La sua efficacia non è subordinata infatti al ricevimento dell’atto da parte di altro soggetto. Non è infatti destinata ad altri soggetti sebbene vada a regolare degli interessi in rapporto con altri.
Può, come già detto, costituire uno strumento di tutela per il chiamato all’eredità. Ad esempio, verso un patrimonio connotato dalla presenza di debiti ereditari. Può rendere conveniente un atto di rinuncia la circostanza in cui il chiamato debba attuare la collazione a seguito di una donazione effettuata dal de cuius a suo vantaggio e di valore maggiore rispetto al patrimonio ereditario relitto.
In alternativa, può essere un valido mezzo per tutelare interessi familiari. Ad esempio, destinare l’intera eredità ad un figlio in presenza di un nuovo coniuge al quale potrebbe spettare una parte di questa.
La rinuncia all’eredità è un negozio giuridico “puro” che non può essere assoggettato a termini e condizioni, si definisce infatti un actus legitimus. Il Codice civile sanziona la presenza di termini e condizioni con la nullità di tutto l’atto, come stabilito all’articolo 520 del Codice civile.
Per effettuare la rinuncia all’eredità è necessario inoltre presentare i seguenti documenti, il metterli assieme ed effettuare la rinuncia, può essere un’attività onerosa e stressante per chi ha necessità di non lasciare nulla al caso. Per questo il consiglio è quello di appoggiarsi ad un Patrocinatore stragiudiziale, come lo Studio Giuseppe Leo, che vi segua passo passo.
Il legislatore ha previsto due ipotesi di rinuncia all’eredità: gratuita ed una onerosa.
Quella gratuita può essere effettuata a favore di tutti i chiamati o soltanto alcuni. Nel primo caso è disciplinata sia dall’articolo 519, secondo comma, del codice civile, sia dall’articolo 478. La prima delle due norme prevede che:
“La rinunzia fatta gratuitamente a favore di tutti coloro ai quali si sarebbe devoluta la quota del rinunziante non ha effetto finché, a cura di alcuna delle parti, non siano osservate le forme indicate nel comma precedente”.
In tal caso, nel dubbio se l’atto di rinuncia possa o meno considerarsi una donazione indiretta, bisognerà verificare se il rinunciante ha espresso una volontà in tal senso. Se, tuttavia, oggetto di rinuncia a favore di tutti i chiamati sono diritti successori, si avrà una donazione indiretta in quanto, come afferma l’articolo 478, tale rinuncia importa accettazione. La rinuncia all’eredità a favore di soli alcuni dei chiamati invece, disciplinata dall’articolo 478, importa sempre accettazione dell’eredità e dunque configurerà un vero e proprio negozio di donazione.
Per quanto riguarda invece la rinuncia verso corrispettivo, il riferimento normativo è sempre l’articolo 478 del codice civile. La natura di tale tipo di rinuncia è stata studiata dalla giurisprudenza che ne ha elaborato varie teorie. Da quella contrattuale ad atto dispositivo consistente in accettazione tacita.