Remote working – sempre meno viaggi d’affari

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Se è vero che dopo la Pandemia da Covid-19 per il 75% delle imprese, la sicurezza è diventata la preoccupazione principale è facile comprendere perché si è deciso di ridurre i viaggi dei dipendenti. Oggi il 60% delle aziende spinge a sperimentare nuove formule come il «remote working».

Tra i molti cambiamenti introdotti dall’esperienza pandemica, c’è sicuramente una diffusa percezione di insicurezza. Le aziende con tutto il comparto organico che si ritrovano, si sono ritrovate a fare i conti con la propria fragilità. In primo luogo, nel tentativo di rispondere alla domanda su quanto siano effettivamente capaci di tutelarsi e di tutelare i propri dipendenti.

Il cambiamento più grande è stato senza ombra di dubbio, la ridefinizione delle proprie strategie di mobilità nazionale ed internazionale.

Secondo l’International Mobility Survey 2022 di Aon (gruppo leader nella consulenza dei rischi e delle risorse umane e nell’intermediazione assicurativa) che ha sentito 200 grandi imprese, con la fine della fase più drammatica della pandemia, i datori di lavoro stanno riconsiderando l’utilità e la necessità di spostarsi a livello internazionale.

Le difficoltà per chi viaggia per affari sono sicuramente aumentate, in primo luogo quelle riguardanti la sicurezza (che preoccupa appunto il 75% dei datori di lavoro) seguite da quelle che riguardano l’assicurazione del “benessere” dei propri dipendenti, che coinvolgono il 60% delle imprese.

Se mette in fila i rischi che in questa fase storica, le aziende devono gestire, partendo dai rischi medico-sanitari, ma anche quelli correlati alle condizioni metereologiche estreme, poi il terrorismo e i disordini sociali e politici, vi renderete conto che muovere il proprio personale sta diventando sempre più insicuro.

Da qui si è sentita la forte esigenza di riesaminare i propri programmi di gestione dei rischi di viaggio per garantire, da un lato, la tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti e dall’altro, l’ottemperanza alle linee guida del nuovo standard Iso 31030 europeo del 2021.

Nonostante questi cambiamenti, è palese che ci sono dei ruoli che vengono svolti meglio se fatti alla vecchia maniera. Di fatto nonostante fossimo ancora in piena pandemia, nel 2021 gli impiegati nelle vendite (66%) e il management (65%) hanno iniziato nuovamente a viaggiare per motivi di lavoro. Tuttavia, per loro non si calcolano ulteriori aspettative di crescita dei viaggi almeno fino a tutto il 2022.

In questo scenario solo 2 categorie di lavoratori hanno fatto eccezione, il personale tecnico e quello che si occupa di manutenzione, che non hanno mai interrotto i viaggi durante la pandemia e per i quali è atteso un incremento degli spostamenti per ragioni lavorativi.

Michel Teunisse dell’International People Mobility (Ipm) di Aon, rivela:

«Guardando al business travel è chiaramente visibile una sua vera e propria riconsiderazione. I datori di lavoro si interrogano sulla necessità di viaggiare. Fattori come costi, benessere dei dipendenti e anche il clima, saranno determinanti nel decidere se un viaggio sia davvero necessario. I viaggi d’affari non spariranno e rappresentano un valore aggiunto per alcuni settori. Il mondo dopo il Covid-19 non è però più lo stesso. Ciò è evidente anche dalla continua crescita del trend del lavoro da remoto a livello internazionale. I dipendenti hanno riscontrato i benefici che il remote working può portare e vogliono continuare ad adottarlo, anche per raggiungere un miglior equilibrio vita-lavoro».

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