Make America Great Again

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Il messaggio “Make America Great Again” ha riportato alla Casa Bianca il nuovo 47º presidente degli Stati Uniti e come era facile immaginare, i mercati non hanno perso tempo a reagire. Liberati dalla paura di un lungo processo di conferma dei voti e del rischio di una vittoria di Pirro senza maggioranza in Congresso, l’S&P 500 ha registrato la sua miglior performance post-elettorale di sempre guadagnando un notevole 2,53% in un solo giorno.

Un exploit che si è accompagnato al crollo del VIX, il termometro della volatilità, sceso di oltre il 20%: una discesa rara, avvenuta meno di venti volte, che in passato ha suggerito un percorso rialzista per i mercati nel mese e anno successivi, con percentuali di guadagno rispettivamente del 78% e dell’83%.

In molti puntano ora sull’effetto di questi risultati elettorali uniti alla positiva stagionalità di novembre e dicembre, periodi storicamente favorevoli per l’S&P 500, e alla fine del blackout dei riacquisti aziendali, per sostenere l’ottimismo degli investitori. Si tratta di una serie di segnali che sembrano convergere, e chi crede nelle statistiche vi vede una spinta ulteriore per mantenere le posizioni.

Meno in vena di festeggiamenti, i principali indice europei, condizionati da preoccupazioni interne – soprattutto nel settore auto, dove BMW ha contribuito al clima di delusione con un crollo dell’utile netto dell’84% – ed esterne, con forti pressioni di vendita dovute ai rischi di una guerra tariffaria con gli Stati Uniti e alle possibili evoluzioni delle politiche americane.

Queste ultime hanno penalizzato in particolare il comparto delle utilities, influenzato negativamente da possibili contraccolpi sulle rinnovabili a seguito della vittoria di Trump. Questo contesto negativo si è verificato nonostante le solide trimestrali di Enel (a mercati chiusi) e Terna (a mercati aperti) in Italia, che però non sono riuscite a risollevare il sentiment generale.

Anche il settore bancario europeo ha registrato vendite significative, nonostante risultati trimestrali generalmente positivi, come quelli di UniCredit in Italia. Le banche spagnole, in particolare, sono state tra le più colpite a causa dell’”effetto Messico”: istituti come BBVA e Banco Santander generano fino al 50% dei loro profitti dal mercato messicano. Ad esempio, BBVA ha riportato un utile netto record di 7,62 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2024, trainato principalmente dalle performance in Messico e Spagna.

Le preoccupazioni si concentrano ora su una fragile economia europea, minacciata da una possibile guerra tariffaria e da una divergenza nelle politiche monetarie. La BCE potrebbe trovarsi costretta a sostenere maggiormente l’economia con tagli dei tassi, mentre la Fed potrebbe dover contenere spinte inflazionistiche causate da una politica fiscale troppo espansiva. Il riflesso di queste dinamiche è stato evidente sia sul cambio EUR/USD sia nel mercato obbligazionario.

Nonostante le tensioni e i riflessi immediati sui mercati, l’insediamento ufficiale avverrà solo il 6 gennaio. Appare dunque prematuro reagire eccessivamente, soprattutto se guidati da mere promesse di campagna elettorale. La politica, dopotutto, è soggetta a eventi esterni che possono ribaltare ogni previsione. Lo stesso Trump ne sa qualcosa: la pandemia lo ha estromesso dalla corsa nel 2020, e l’inflazione ha complicato la vita alla Harris.

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