Tassazione sulle criptovalute, ecco come funziona
Sul filone delle dichiarazioni sul trading online, continuiamo con questa guida dove vi parliamo dell’interpello n°437 del 26/08/2022 dell’Agenzia delle Entrate sono stati chiariti i dubbi sulla tassazione dello staking di criptovalute.
Prima di tutto per chi non lo sapesse, il termine staking di criptovalute fa riferimento a un sistema molto diffuso negli ultimi anni, che permette di ottenere un rendimento economico attraverso il semplice possesso di una certa quantità di monete digitali. Infatti, rientra nel complesso di attività che vengono definite come Yield Farming e che si basano sulla finanza decentralizzata.
Tradotto letteralmente la parola staking vuol dire fissare, picchettare. Ciò significa che è possibile bloccare o come si dice in gergo, mettere in staking, un certo numero di criptovalute. Su di esse otterrai un rendimento variabile in base ai seguenti fattori:
tipologia di criptovalute impiegate;
quantità posta in staking;
tempistica del blocco;
tipologia di intermediario.
Semplificando, lo staking di criptovalute può essere paragonato in un certo qual modo all’utilizzo di un conto deposito. In questo ultimo caso puoi infatti ottenere un rendimento mantenendo dei soldi bloccati in un conto.
Nello staking puoi fare la stessa cosa, però con le criptovalute. Si tratta di un sistema che offre un vantaggio per entrambi i soggetti che partecipano:
l’utente che possiede le crypto;
le piattaforme di exchange o i broker che offrono questo servizio.
Le cripto monete bloccate su un wallet digitale, sono utilizzate da una blockchain al fine di velocizzare il processo di consenso attraverso il cosiddetto sistema PoS, ovvero Proof of Stake.
Questo meccanismo prevede l’utilizzo di un certo numero di criptovalute presenti nei vari nodi della rete, ovvero i computer degli utenti, al fine aumentare il numero delle transazioni che vengono effettuate, riducendo costi, consumo energetico ed eventuali errori.
Per il vostro prestito di valute digitali, dalla piattaforma otterrete un vantaggio realizzato in una rendita, che si concretizza in una certa percentuale di criptovalute.
Ad esempio, se decidete di bloccare in staking una quantità di ADA di Cardano o di Ethereum, tra quelle oggi più utilizzate, riceverete, dopo un determinato periodo di tempo, una certa quantità delle stesse criptovalute. Queste ultime possono essere reinvestite oppure vendute, ottenendo un surplus.
Per accedere al sistema di staking il procedimento è il seguente:
registrati a un intermediario straniero o italiano;
acquista un certo numero di criptovalute;
abilita il tuo portafoglio allo staking;
stabilisci il numero di valute da picchettare;
imposta le tempistiche;
attendi il rendimento.
A chiarire come comportarsi per i rendimenti ottenuti dallo staking, sono state pubblicate una serie di direttive dell’Agenzia delle Entrate. Ecco quelle ultime che chiariscono l’aspetto fiscale dello staking:
direttiva n°433, del 24 agosto 2022;
direttiva 437, del 26 agosto 2022.
Questi sono i concetti base che vengono definiti per ciò che riguarda le persone fisiche:
i proventi ottenuti con lo staking di criptovalute sono equiparati a reddito da capitale;
la piattaforma di staking dovrà applicare una ritenuta di acconto alla fonte pari al 26%;
i guadagni sono tassati in base agli scaglioni Irpef;
i redditi da staking devono essere inseriti nel quadro RL in quanto equiparati a redditi da capitale.
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