La belle époque
Quando il cinema ti porta indietro nel tempo, “La belle époque” già nelle sale con Daniel Auteuil e Fanny Ardant, è una storia d’amore sui generis giocata sulla nostalgia e il tempo che ci cambia.
Tutta la storia ruota intorno a un luogo dove ognuno di noi, se ha un grosso portafoglio, può scegliere di vivere in un’epoca diversa.
Nello specifico “Belle époque” è il nome di un piccolo bistrot, dove i camerieri ti conoscono per nome, dove c’è una birra ad aspettarti insieme al piatto del giorno e un telefono alla parete dove farsi chiamare.
La belle époque è un tempo che ormai è nella memoria, dove eravamo tutti giovani e tutti felici, è in poche parole il luogo della nostalgia e forse anche del rimpianto, quindi ci chiediamo se è un luogo reale o forse no.
Se poteste scegliere di vivere un giorno, uno soltanto, quale scegliereste?
Pensateci, rivivreste un bell’evento per voi o per la storia? Provereste ad assassinare Hitler, scegliereste di andare sotto la Bastiglia il 14 luglio del 1789?
Di fatto la trama della commedia, vede il disilluso fumettista Victor si trova nel bel mezzo di una crisi professionale e sentimentale. Tra lui e Marianne ci sono continuamente attriti in cui i due si lanciano reciprocamente le offese più bieche. Grazie all’agenzia di eventi di Antoine, tuttavia, Victor ha la possibilità di rivivere di nuovo quel giorno di 40 anni prima nel 1974 in cui conobbe Marianne, che nonostante tutto rimane ancora l’amore della sua vita. Il brillante imprenditore offre ai propri clienti la possibilità di immergersi nel tempo di loro scelta attraverso un mix di drammaturgia e ricostruzione storica.
A questo punto ci si chiede, quali saranno le sue scelte, se rifarà gli stessi errori, che comunque gli hanno lasciato dei bei ricordi o sceglierà di cambiare le cose.
Noi il film non lo abbiamo ancora visto, nelle sale italiane infatti, uscirà il 7 novembre.
Voi cosa farete? Avete già scelto se andare al cinema a vederlo?
Dopo la presentazione a Cannes e alla Festa di Roma, il film di Nicolas Bedos che tra nostalgia e riflessione sul tempo che passa, ci interroga sul nostro rapporto con i ricordi, con il passato e sulle nostre scelte.
Il regista stesso ha spiegato:
“Ho immaginato questa compagnia teatrale che fisicamente immerge lo spettatore nella storia. Non mi interessava un mondo sofisticato alla Black Mirror. L’innovazione di Antoine si appoggia su set, scenografie, documentazione, attori. Volevo mostrare cosa succede nel backstage, un luogo per me familiare da quando ero bambino. Ha permesso a me e alla mia troupe di alzare l’asticella dell’arte rispetto alla realizzazione del cinema e del teatro. Costumisti, scenografi, attrezzisti, assistenti, attori e così via: il cinema è fatto da gente al lavoro. È stato particolarmente piacevole poter inquadrare alcuni dei membri della mia troupe in certe sequenze, è stato bello vederli felici nel fare il film al punto in cui al venerdì sera facevamo fatica ad andare a casa e finivamo per far festa sul set che avevamo creato noi stessi”.