Il mondo dice addio a Kobe Bryant
Non ci siamo mai occupati del mondo della Pallacanestro, ma quello che sta accadendo in questi ultimi tre giorni ci ha letteralmente sconvolti.
Non c’è campo che non stia piangendo la sua morte oggi.
Una morte assurda, atroce che ha coinvolto il giovane cestista statunitense che amava l’Italia come nessuno può immaginare. Parlava fluentemente l’italiano (oltre che lo spagnolo), avendo vissuto in Italia tra i 6 e i 13 anni, al seguito del padre che aveva lasciato l’NBA per trasferirsi prima a Rieti poi alla Viola Reggio Calabria, all’Olimpia Basket Pistoia e alla Pallacanestro Reggiana.
Ecco ciò che è accaduto pochi giorni fa:
Alle 9:06 del 26 gennaio 2020, Kobe, sua figlia di 13 anni Gianna e altre 7 persone decollano dal John Wayne Airport, nella Contea di Orange, a bordo di un elicottero Sikorsky S-76 di proprietà del giocatore. Il velivolo precipita a Calabasas, alle 9:47 circa, prendendo fuoco. I vigili del fuoco della contea di Los Angeles spengono l’incendio alle 10:30, confermando la morte di tutti i passeggeri. Secondo i primi rapporti l’elicottero si è schiantato a causa della fitta nebbia.
Gli altri passeggeri oltre al pilota, erano John Altobelli, l’allenatore della squadra di baseball dell’Orange Coast College. Il più longevo nella storia dell’istituto, da 27 anni alla guida della squadra con oltre 700 vittorie in carriera e diversi titoli in bacheca. Il 56enne era da anni amico di Bryant e aveva viaggiato in elicottero assieme a lui decine di volte. Erano insieme in viaggio verso la Mamba Academy con sua moglie Keri e Alyssa, la figlia che giocava a pallacanestro nella stessa squadra di Gianna.
A bordo anche Christina Mauser, allenatrice da diverso tempo, aveva lavorato anche con giocatrici della WNBA, oltre a gestire la squadra di giovani giocatrici di cui facevano parte anche Gianna e Alyssa. Madre di tre bambini, era entrata in contatto con Kobe attraverso suo marito Matt, professore e allenatore di pallacanestro nella scuola frequentata dalle figlie del Black Mamba.
Kobe Bryant rientra tra gli sportivi più conosciuti al mondo e la sua carriera è ritenuta una delle migliori nella storia dello sport professionistico.
Molti non sanno che il 4 marzo 2018 ha vinto il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria “miglior cortometraggio d’animazione” per “Dear Basketball”, che ha sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.
Inoltre il 12 novembre 2018 pubblicò un libro intitolato “The Mamba Mentality – Il mio basket”, in cui parla della sua carriera oltre che di avversari da lui affrontati.
Il 20 aprile, insieme a Wesley King, pubblicò un altro libro, intitolato “The Wizenard Series: Training Camp”.
Secondo quanto riportato dalla rivista Forbes, è stato il 10º sportivo più pagato del mondo nel 2014, con un guadagno di 49,5 milioni di dollari.
Quel che è certo è che la grandezza di questo uomo che ci ha lasciato troppo presto, sta riecheggiando nei messaggi di cordoglio e nei tributi che il mondo intero sta lasciando, praticamente ovunque, sul web e sui campi da gioco. Grandezza che continuerà a riecheggiare sui campi di basket.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha espresso il suo cordoglio durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Sannio:
“C’è un triste episodio di questi giorni che sottolinea l’importanza della comunanza di studio che attraversa le frontiere: tutto il mondo dello sport in ogni Continente è rattristato per la morte di Kobe Bryant, una tristezza che per il nostro Paese ha fondamento perché si era formato qui, nelle nostre scuole elementari e medie. E la comunanza di studi è quella che lega davvero, molto di più dei legami politici ed economici, che lega l’umanità attraverso i suoi confini. E in questa stagione di incertezze internazionali la comunanza di rapporti umani con gli studi in comune è l’antidoto ai pericoli che attraversa la comunità internazionale”.