Il Cristo Velato e la leggenda del principe
Questa Guida Viaggio vuole essere una tentazione per tutti coloro che non hanno ancora visitato una della città italiane più caratteristiche, Napoli.
Vi racconteremo una storia. C’era una volta una grande casata – i Sansevero di Sangro – e un principe mago, ricercatore e alchimista. Nel tempio di famiglia – la Cappella Sansevero – che racchiude da sempre un percorso esoterico, partendo dalle opere esposte, fin dentro le viscere dei suoi sotterranei.
Tutto ciò immaginatelo in un luogo magico – Piazza San Domenico Maggiore – nel cui sottosuolo si dice scorra ancora il fiume Taglina, tanto caro agli alessandrini, che decisero di edificare un tempio dedicato alla dea Iside.
Insomma, un luogo che potremmo definire magico.
Tutti questi sono gli ingredienti che hanno reso noto il mito del settimo principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, tra i massimi scienziati napoletani del 700.
Fu un chimico stravagante e Gran Maestro della Massoneria. Inventore, esoterista, membro dell’Ordine Templare. Una via di mezzo fra un chimico e uno stregone a dire il vero.
Don Raimondo morì il 22 marzo del 1771, avvelenato probabilmente, da quegli stessi intrugli che realizzava per i suoi esperimenti alchemici. Quelli che furono i suoi studi, hanno dato vita a numerose leggende, alcune di queste citate ne Storie e leggende napoletane in cui Benedetto Croce narra che il popolino raccontava di Don Raimondo che “…ammazzò 7 cardinali e con le loro ossa costruì 7 seggiole, mentre la pelle, opportunamente conciata, ricoprì i sedili…”.
Si parlava poi di carrozze anfibie, cera vegetale, marmi sintetici e quadri di lana. Altre diavolerie rivivono poi nella Cappella di famiglia. Sopravvissute al loro inventore, le famose Macchine Anatomiche, ancora oggi visibili nella cripta sotto la Cappella.
Si tratta di una ricostruzione pressoché perfetta delle reti venose e arteriose del corpo umano, un’opera che in passato ha suggestionato talmente tanto da aver fatto ritenere che per realizzarla, il principe non si fosse fatto scrupolo di uccidere e imbalsamare due servi di colore. Il principe avrebbe sperimentato su di loro una sostanza pietrificatrice in grado di metallizzare il sistema arterioso venoso, distruggendo le parti molli del corpo.
Ma forse il “risultato” più stupefacente delle magie del principe è il Cristo Velato che fu commissionato al giovane scultore Giuseppe Sanmartino, posto proprio al centro della navata, punto catalizzatore del tempio di Sansevero.
Il Cristo stupisce per il suo sudario, drappeggiato in pieghe minutissime e trasparenti che aderisce talmente bene alle forme, da mettere in evidenza addirittura le ferite del martirio.
Un Cristo che fece quasi impazzire Antonio Canova, il quale affermò che pur di appropriarsene avrebbe dato 10 anni di vita. Certo oggi quel Cristo avrebbe contribuito alla sua immortalità nel tempo.
Secondo molti studiosi di esoterismo, il Cristo Velato rimanderebbe a simbologie massoniche e così anche altre opere presenti nella Cappella. In molti hanno visto, nell’opera un riferimento ai riti d’iniziazione dei maestri della Libera Muratoria e alla morte e al ritrovamento del corpo di Hiram di Tiro, l’architetto del Tempio di Salomone.
Il principe costituì poi la loggia “Rosa d’Ordine Magno” (dall’anagramma del suo nome) e scalò tutta la gerarchia della Libera Muratoria, fino a diventare il Gran Maestro di tutte le logge napoletane: incarico che ricoprì fino al 1751, quando papa Benedetto XIV scomunicò tutti gli addetti alla fratellanza e dichiarò fuorilegge la Massoneria bandendola dal Regno di Napoli.