Amazon compra One Medical – cosa ne pensa il web

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Amazon non si fermerà mai nella sua evoluzione, ormai dobbiamo esserne convinti.

Già durante la Pandemia la società di Jeff Bezos che è venuta trasformandosi nella più grande internet company che vende di tutto e utilizza la sua posizione dominante per speculare su tutto, ha fatto registrare nell’ultimo trimestre 2020, nel bel mezzo della stagione Covid-19, ricavi per 125,6 miliardi di dollari, record storico pari a un aumento di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente (pre-Covid).

Difatti, prima della pandemia, siffatto rivenditore online valeva 916,2 miliardi di dollari; oggi cuba 1,6 trilioni. Il suo fondatore Bezos viene considerato attualmente l’uomo più liquido al mondo, con una fortuna personale passata dai 115,3 miliardi di dollari del 2019 ai 182 del 2020; l’anno seguente è ancora cresciuta di 5,9 miliardi, raggiungendo la quota di 196,2 miliardi, che colloca questo Paperone ai vertici della Top Ten nel Bloomberg Billionaires Index; la graduatoria delle persone che possiedono un patrimonio personale superiore ai cento miliardi di dollari.

In larga misura gli introiti di chi gestisce un movimento quotidiano anche se virtuale di 445mila prodotti.

Eppure, stranamente l’edizione americana del trimestrale Jacobin ci informa che attualmente i ricavi di Amazon dalla sua attività principale di vendita al dettaglio stanno diminuendo; in parte a causa dell’accresciuta concorrenza dei rivenditori fisici che erano stati chiusi all’inizio della pandemia di Covid-19. Dunque, si imponeva un riposizionamento di mercato, che si è tradotto nell’annuncio dell’acquisizione di One Medical, un fornitore di cure primarie sostenuto da private equity che genera più della metà delle sue entrate da Medicare.

Per chi non lo conoscesse, Medicare è un programma di assicurazione medica amministrato dal governo degli Stati Uniti, destinato alle persone dai 65 anni in su o con particolari problemi di salute (insufficienza renale o disabilità). Promosso il 30 luglio 1965 dal presidente Lyndon B. Johnson all’interno della sua strategia di Great Society, rappresenta l’ultima conquista, in materia di politica sociale promossa dal pubblico, dell’onda lunga rappresentata dal New Deal rooseveltiano.

Oggi aggredita dal mantra delle privatizzazioni NeoLib, che impera da quasi mezzo secolo e accompagna la sistematica liquidazione delle conquiste di civiltà della fase storica precedente: l’egemonia plutocratica cui non si è sottratto neppure il presidente Biden; né più né meno dei vari “agenti della rendita” nostrani, preposti all’immane trasferimento della proprietà del capitale detenuto dalla mano pubblica a quella privata.

Quanto lo storico dell’economia Thomas Piketty ha definito “la rivoluzione conservatrice anglosassone” che ci ha fatto raggiungere livelli di disuguaglianza mai conosciuti nel secolo passato.

C’è chi percepisce un vago sentore in merito a questa svendita a Bezos della sanità, visto che ormai l’affarismo del ceto politico locale, in combutta con avidi trafficanti e spicciafaccende, ha individuato l’ultima frontiera del saccheggio dopo la cementificazione selvaggia a partire dagli anni Cinquanta, proprio nella speculazione sulla salute.

Ma pare non finire qui, perché come ci riferisce il giornalista di Jacobin Matthew Cunningham-Cook – oltre alla possibilità di mungere le entrate di Medicare a spese dei contribuenti, si consentirà all’acquirente “di controllare i dati sanitari di oltre 700.000 persone”.

Insomma, l’ennesima declinazione di quanto la sociologa di Harvard Shoshana Zuboff ha denominato “capitalismo della sorveglianza”.

Come ha scritto Christopher Wyle, di Cambridge Analytica la società inglese al centro dello scandalo per le attività di manipolazione e disinformazione al servizio della Brexit e dell’elezione di Donald Trump:

“il paternalismo tecnologico e l’isolata utopia di una fratellanza nella Silicon Valley, stanno creando una razza di pericolosi padroni che non considerano i danni potenziali derivanti dal loro lavoro”.

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