SARS-CoV-2 situazione attuale sulle cure
Una delle domande che più si pongono, in particolare coloro che sono ancora scettici in merito alla quarta dose e che non essendo obbligatoria, probabilmente non andranno a farla, nell’ambito del trattamento terapeutico antivirale di SARS-CoV-2 è in merito a quanto gli attuali farmaci in uso possano essere efficaci sulle nuove mutazioni che la macchina del virale potrebbe mettere in campo nel corso del tempo.
Per rispondere al dubbio che ci assale in questo periodo, ci ha pensato il gruppo di ricerca internazionale coordinato dalla prof.ssa Dorothee von Laer della Divisione di Virologia della Innsbruck Medical University ha pensato di precorrere i tempi andando a costruire in laboratorio tutte le possibili variazioni e quindi mutazioni, di una delle proteine bersaglio di una importante famiglia di farmaci antivirali contro la proteasi principale del virus, denominata 3CLpro.
L’efficacia dei farmaci in uso, come nirmatrelvir o ensitrelvir, è stata quindi determinata sperimentalmente per anticipare quali, tra le possibili nuove mutazioni, potrebbe ridurre o addirittura eliminare la loro efficacia terapeutica.
Alla ricerca dal titolo “SARS-CoV-2 3CLpro mutations selected in a VSV-based system confer resistance to nirmatrelvir, ensitrelvir, and GC376” che è stata pubblicata su «Science Translational Medicine» ha partecipato la Sezione di Modellistica Molecolare del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova, coordinata dal Professor Stefano Moro, che ha come missione lo sviluppo e l’applicazione di metodologie informatico-computazionali con l’obiettivo principale di supportare la progettazione, identificazione e ottimizzazione di nuovi candidati farmaci.
Parallelamente al lavoro sperimentale svolto dai colleghi austriaci, il gruppo di ricerca padovano ha così effettuato il medesimo studio utilizzando delle tecniche computazionali, sia tutti i mutanti della proteina 3CLpro che sulle loro interazioni con i farmaci antivirali, sono stati in pratica simulati con l’obiettivo di avere un riscontro sulla capacità predittiva di questi metodi che consentirebbero, qualora si dimostrassero accurati, una importante riduzione dei tempi di accesso a queste informazioni ed una conseguente riduzione dei costi della ricerca.
Un importante risultato ottenuto da questo studio è che tutti i mutanti che hanno sperimentalmente dimostrato una riduzione di attività nei confronti dei farmaci antivirali analizzati sono stati correttamente predetti dallo studio computazionale padovano, consentendo inoltre di interpretarne, a livello molecolare le motivazioni, analizzando le singole interazioni tra farmaco e proteina che venivano a modificarsi nei vari mutanti.
“La buona capacità predittiva dei metodi computazionali utilizzati in questo studio – dicono gli autori del team del Dipartimento di Scienze del Farmaco Matteo Pavan, Davide Bassani e Stefano Moro – apre alla possibilità del loro utilizzo anche per altri bersagli molecolari di interesse terapeutico, per i quali l’aspetto della resistenza rappresenta un problema clinico rilevante, fornendo un supporto alle tecniche sperimentali di biologia molecolare e biochimica utilizzate di routine nella identificazione di nuovi candidati farmaci”.
Certo viene da chiedersi in quanti si fideranno delle risposte che stanno ora arrivando, considerando che in un tempo, poi non così lontano, molte nazioni, come ad esempio l’Italia, hanno avuto bisogno di applicare sanzioni e regole ferree per convincere la popolazione a fare le dosi precedenti contro il Covid-19.