I vaccini, fra ritardi e mercato nero
Il mercato che sta girando attorno ai vaccini ha portato la Commissione Ue a mette in guardia su potenziali vaccini contro il Covid-19, offerti sul mercato parallelo o sul mercato nero.
“Siamo preoccupati e seguiamo con attenzione il fenomeno con l’Ufficio europeo antifrode (Olaf), attivo sul fronte dei vaccini potenzialmente fraudolenti. – Così il portavoce, Eric Mamer, dopo le dichiarazioni del premier ceco Andrej Babis sull’offerta di dosi di AstraZeneca da parte di intermediari dei Paesi del Golfo. – Sul mercato nero c’è il rischio di finire con prodotti falsi. Qualsiasi cosa sia fuori dal canale Ue è da guardare con estrema cautela”.
Uno dei problemi più evidenti al momento resta l’Europa è in ritardo, con gli errori negli ordini.
Venerdì scorso il rappresentante dell’Unione europea si è trovato sul banco degli imputati in uno dei centri che cercano di governare la globalizzazione. Era la riunione dei delegati dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). In agenda c’era la campagna di vaccinazione grazie alla quale il mondo intero dovrebbe uscire dalla pandemia, che ha già fatto ufficialmente quasi due milioni e mezzo di morti e provocato la più violenta recessione globale dal 1945.
Dal Sudafrica all’India, dalla Gran Bretagna all’Egitto, decine di governi sembravano avere qualcosa da dire contro la Ue. Il delegato sudafricano, Mustaqeem Da Gama, ha persino accusato gli europei di favorire politiche che secondo lui:
«danno la priorità al profitto rispetto alla vita – e – limitano le possibilità di fornitura a livello globale».
Tutto questo suona lontano dall’immagine che l’Europa ha di sé, una superpotenza aperta e generosa, fondata sul rispetto dei diritti. Inoltre, suona anche amaramente ironico, perché l’Europa non è la vincente della campagna globale di vaccinazione, al contrario al momento è in difficoltà in confronto a Paesi con livelli di reddito paragonabili.
Nel giorno di quella tesa riunione al Wto, secondo Our World in Data, aveva ricevuto almeno una dose di vaccino appena il 4% della popolazione in Italia, meno del 4% in Germania e Belgio e meno del 3% in Francia. In confronto, Israele era già al 62%, la Gran Bretagna al 17% e gli Stati Uniti all’11%. Persino negli Emirati Arabi Uniti si era già quasi a metà della popolazione autoctona.
In Italia, secondo alcune persone direttamente coinvolte, tutto procede a rilento perché la disponibilità di vaccini ormai è di circa la metà rispetto alle capacità di somministrazione, si potrebbe arrivare a duecentomila dosi al giorno in Italia, ma nell’arco di ventiquattr’ore non ne sono mai state iniettate più di centomila.
Le accuse verso l’Europa, secondo gli altri delegati al Wto. Non solo Bruxelles ha deciso di limitare l’export al resto del mondo di qualunque prodotto collegato ai vaccini, smentendo con le proprie azioni ciò che la Ue sostiene da sempre riguardo all’apertura degli scambi.
Insomma, sembra tutto un gran marasma dal quale difficilmente si potrà uscire nell’arco di un tempo breve.
La risposta dell’Europa al momento è che i produttori dei principali vaccini, da Pfizer-BioNTech a AstraZeneca, stanno già concedendo licenze di produzione ad hoc a vari concorrenti e stanno aumentando la produzione in proprio. Ma un argomento del genere non basta a convincere la coalizione guidata da India e Sudafrica che in realtà i Paesi europei con una produzione nazionale di vaccini sul Covid-19 – oltre all’Italia con la Irbm-Advent di Pomezia, che contribuisce al progetto di Astra Zeneca, anche Olanda, Germania, Svezia e Francia – in realtà abbiano altri obiettivi: proteggere il potere di mercato delle loro imprese farmaceutiche anche di fronte a una catastrofe globale.