L’impatto del Covid-19 sul Turismo Culturale

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La Pandemia da Covid-19 sta sconvolgendo il mondo intero, praticamente su ogni fronte e visto il periodo che ci apprestiamo ad affrontare la preoccupazione per il turismo è alta, ancora di più per quello culturale che prevede la fruizione di più individui, provenienti da ogni località.

Sebbene le conseguenze del fermo delle attività siano già evidenti, le previsioni degli economisti confermano che non saremo tutti colpiti in maniera uniforme. Al contrario, si ipotizza che il Covid-19 aumenterà le diseguaglianze, dal momento che alcune aree geografiche, alcune filiere produttive e alcune categorie di lavoratori soffriranno più di altre.

I settori culturali e l’industria turistica risultano già tra i più penalizzati da un contesto socio-economico in cui misure di distanziamento e limitazione degli spostamenti, risultano essere il cardine della strategia di prevenzione della malattia.

Secondo i dati ISTAT elaborati da Ciset nel 2019 le città d’arte attraevano circa 1/3 degli arrivi turistici e 1/4 delle presenze in Italia e per il 60% tali flussi provenivano da paesi esteri. Se a questo dato aggiungiamo il record di quasi 55 milioni di visitatori solo nei musei statali, a questo punto non è difficile immaginare come gli eventuali ingressi contingentati e la contrazione dei flussi impatteranno molto negativamente sui modelli tradizionali di consumo di turistico culturale.

Secondo quanto riportano i giornali, le città d’arte globali più popolari tendono a scoraggiare le visite in giornata perché da un lato aumentano la congestione e favoriscono la spirale dei prezzi, dall’altro riducono la qualità dei servizi e in media generano una spesa minore.

Ma secondo i professionisti del settore non è necessariamente vero ed anzi può essere ribaltato se leggiamo l’escursionismo all’interno del concetto più ampio di turismo di prossimità, ovvero la fruizione di attrazioni all’interno della propria regione o territorio.

Il turismo di prossimità è infatti sempre più riconosciuto per il suo ruolo nel favorire lo sviluppo locale e ridurre il divario tra gli ambienti urbani e aree interne. In particolare, diversi studiosi hanno sottolineato come il turismo di prossimità potrebbe ridurre la stagionalità e la dipendenza dai mercati del turismo a lungo raggio, per consentire la promozione della partecipazione delle comunità locali alla gestione del territorio e offrire in questo modo, nuove opportunità per il marketing turistico e marchio di destinazione.

Questi studi, risalenti al 2009, si sono spesso concentrati su forme di turismo di prossimità ed escursionismo dove la componente culturale è maggiormente legata all’offerta enogastronomica o paesaggistica del territorio, non approfondendo il ruolo delle istituzioni culturali in esso presenti come fattori potenziali di attrattività.

Dal lato della fruizione culturale, è indubbio come tra le caratteristiche peculiari del patrimonio culturale italiano vi sia l’estrema diversità. Offrendo così ai turisti un’ampia gamma di scelta. L’Italia non certo solo di musei, pensiamo anche al paesaggio, tutto risultato di trasformazioni millenarie apportate da interventi, chiese e monasteri, castelli e centri fortificati, oltre a manifestarsi in una eterogeneità di forme intangibili che includono tradizioni orali, dialetti, fiere, arte e la cultura materiale.

Rimane per molti, una questione alquanto inesplorata quali tipologie di luoghi di cultura attraggano i residenti dalle aree metropolitane e quali profili e motivazioni inducano a pratiche di turismo culturale di prossimità.

Per sopravvivere alla situazione che stiamo affrontando, a questo punto è necessario un cambiamento, nella cultura della pianificazione del turismo regionale e nella mente stessa del turista che usava fruire di queste bellezze.

Ecco perché a questo punto, abbiamo pensato che fosse fondamentale una nostra guida viaggio, che mostrasse a tutti, quanto sarà fondamentale aprire la menta e viaggiare in questo 2020, oltre i normali schemi a cui siamo abituati.

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