Hamilton – Quello che pensano i piloti in quarantena

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Stiamo attraversando un periodo molto difficile per tutti, questo è poco ma sicuro. Lo sport che è una delle nostre fonti più importanti e ora i primi ad essere in balia del vento sono proprio gli sportivi. Tante se ne pensano quasi quotidianamente, per la Formula 1 vi abbiamo parlato pochi giorni fa del possibile protocollo da tenere nei prossimi mesi, in modo da permettere alla F1 di tornare in gioco.

Questo mese però, abbiamo deciso di approfittarne per calarci nel pensiero dei piloti, d’altronde se lo sport non c’è restano sempre gli sportivi.

Partiamo dal campione in carica da colui che ancor di più questo mese, sarà difficile spodestare. Il primo che a dirla tutta ha fatto notare quanto fosse assurdo pensare allo sport mentre nel mondo c’erano già centinaia e centinaia di persone che stavano perdendo la vita a causa del Coronavirus.

Lui l’enfant prodige dei motori, 6 volte campione del mondo di Formula Uno, designer e imprenditore in prima linea nella lotta contro il riscaldamento globale.

Lewis Hamilton è partito da un sobborgo di Londra e ha scritto un pezzo importante della storia dell’automobilismo dei nostri tempi. In particolare dal 2013 alla guida della Mercedes. Un volto destinato a rimanere nella storia, non solo per la sua maestria al volante, ma anche grazie alla personalità e a ciò che fa fuori dalla pista.

Lewis Hamilton, ha anche il primato di essere il primo e unico pilota di colore in Formula Uno. L’inglese è riuscito a entrare nel cuore di tutti i tifosi, anche quelli italiani pur non essendo mai stato al volante di una Ferrari, questa non è una cosa da poco.

Come dicevano i latini “Nomen omen”, il suo destino quindi era già scritto nel nome Lewis come Carl Lewis, il «figlio del vento». Ma non era così scontato Hamilton è nato il 7 gennaio del 1985 a Stevenage, un sobborgo dell’Hertfordshire a Nord di Londra che una volta ha definito «bassifondi» per poi in seguito scusarsi.

Per pagargli le corse suo padre Anthony, di origini caraibiche, ipotecò più volte la casa e lui stesso ha affermato:

«Solo crescendo ho capito quali enormi sacrifici abbia dovuto fare per permettermi di arrivare dove sono arrivato»

Ma lui lo sentiva nelle vene che prima o poi sarebbe successo. A dieci anni chiese un autografo al patron della McLaren Ron Dennis e gli disse:

«Salve, mi chiamo Lewis Hamilton, ho vinto il campionato britannico di kart e un giorno voglio poter correre con le sue macchine».

Nel 1998, quando di anni ne aveva appena 13, i bookmaker quotavano 200 a uno la sua vittoria in Formula Uno prima dei 23 anni e 500 a uno la conquista del mondiale prima dei 25. Hamilton andò oltre le aspettative. Arrivò nella massima categoria dei motori a 22 anni, vinse quattro gare all’esordio e nella seconda stagione diventò campione del mondo: allora, il più giovane.

Il campione è stato dal primo momento, colui che si è dimostrato più sensibile all’emergenza Covid 19 e non solo, postando sui social qualche mese fa la frase:

«Mi viene voglia di mollare e chiudere tutto perché vedo che il mondo ormai è un disastro e alla gente non importa».

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