La situazione dopo le dimissioni di Mario Draghi

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Continuando il discorso cominciato due giorni fa, sulla scia di Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm si nota quanto sia interessante notare che questo essere “sotto osservazione” in Italia è iniziato proprio con l’inizio dell’ultima legislatura nel 2018, con la minicrisi dello spread seguita alle elezioni, ma è rimasta una costante anche per tutto il periodo successivo – nonostante l’avvento al governo di una figura di garanzia come Mario Draghi – a riprova di come gli avvenimenti politici hanno un peso importante nella percezione di un Paese.

Ma il giudizio dei mercati non è necessariamente legato a chi si trovi alla guida del governo, bensì a un sistema istituzionale complessivo che soprattutto combinato con l’attuale legge elettorale di tipo proporzionale, non trasmette ampie garanzie di stabilità.

In questo momento l’aumento degli spread è anche sospinto dalla direzione della politica monetaria. Se si osserva la dinamica dello spread nelle settimane precedenti la crisi, si nota una tendenza all’allargamento limitata solamente dall’annuncio della politica anti-frammentazione della Banza Centrale Europea.

Ovvio che la politica monetaria resta oggi il principale elemento di attenzione per quanto concerne la stabilità finanziaria dell’Eurozona, ma proprio per questo la rapida risoluzione della crisi politica resta di fondamentale importanza per proteggere la stabilità dei conti pubblici italiani in una fase dove Francoforte è sempre più sotto pressione per adottare una politica monetaria restrittiva.

L’aumento dei tassi adottato dall’Eurotower sarà quindi un banco di prova importante, perché mette ulteriore pressione sul differenziale.

Allo stesso tempo, la Banca Centrale Europea nel fine settimana ha reagito all’aumento del rischio frammentazione, lanciando un nuovo strumento di politica monetaria definito TPI che per adesso, non sembra aver convinto completamente, soprattutto per via delle numerose clausole fiscali per l’accesso ai finanziamenti e che lasciano dubbi sulla sua efficacia.

Anche per quanto riguarda le pressioni sulla valuta, la crisi politica italiana pesa sull’euro, incerto nonostante l’aumento dei tassi di Francoforte, un altro segnale che i mercati considerano oggi la situazione politica italiana come elemento di instabilità sistemica.

Il differenziale tra il rendimento dei BTP decennali e quello dei Bund tedeschi è tornato ad alzarsi in tempi recenti e probabilmente, continuerà su questa strada parallelamente al percorso dei tassi dettato dall’Eurotower.

Questo cosa significa? Significa che, in termini assoluti, il debito in Italia diventa più costoso (oggi oltre il 3%, livelli simili al 2013), anche se l’effetto negativo sui conti pubblici è in parte compensato dall’inflazione.

Infine, non dobbiamo dimenticare un dettaglio fondamentale con cui è iniziato questo discorso nel precedente articolo, un terzo livello di rischio quello legato alla sfera politica, anche se l’arco politico sembra oggi più saldamente legato a un’ottica europeista e atlantista di quanto lo fosse 5 anni fa.

Detto questo, non sempre i mercati internazionali hanno gli strumenti per leggere queste sfumature e i toni della campagna elettorale potrebbero portare ulteriore volatilità sui listini italiani (ed europei).

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