Zaia lo confessa ma nessuno ne parla

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Viviamo un in un periodo di grandi incertezze, dove spesso quello che si dice questo mese non potrebbe essere valido per il prossimo. Questo porta scompiglio e caos, dividendo il popolo fra complottisti, negazionisti e quelli che invece con la mascherina ci stanno convivendo senza problemi, i quali mi pare di capire non abbiano ancora un nome, tranne qualche epiteto che potrebbe arrivare dai primi.

Tutto ciò è stato alimentato da notizie di ogni tipo, le quali vere o false che fossero, non hanno mai visto chiarezza da parte di autorità e governo, in particolare per quello che riguarda il territorio italiano.

Lo stivale, infatti, si è limitato a raccogliere gli elogi da parte delle altre Nazioni, nel momento in cui si è parlato di gestione dell’emergenza sanitaria.

Ma in realtà, in casa nostra, qualcuno nel suo piccolo si era reso conto che già da un po’ i conti non tornavano. Il dubbio che assaliva molti, riguardava denunce e lamentele fatte da parenti di persone decedute per un motivo e inserite poi successivamente nella lista dei morti da Covid-19.

Ma come per tutto il resto, nessuno faceva chiarezza sull’argomento. In principio tale situazione, passava facilmente in sordina a causa del fatto che non si potevano effettuare autopsie.

Ma al giorno d’oggi, dove i numeri dei morti sono calati, questo strano modo di fare i conti, si sta notando sempre di più, andando così ad alimentare i discorsi di chi pensa che il virus non esista.

Tutto questo fino al 27 agosto, quando il Governatore del veneto Luca Zaia, durante la conferenza stampa si è lasciato “scappare” affermazioni controverse sulla gestione dell’emergenza e in particolare sui numeri che sentiamo ogni giorno.

La cosa che poi oggi mi sconvolge è che a parte qualche piccolo giornale, cioè qualche caso raro, nessuno sembra aver colto la gravità di quel discorso. Mentre scrivo questo testo, si fa già difficoltà a cercare info sulla Conferenza e in particolare di quella parte del discorso.

Luca Zaia ha spiegato come funziona l’iter di un paziente.

Per prima cosa viene fatto un tampone per verificare la positività o meno all’infezione da coronavirus. In caso fosse positivo, quello diventerebbe un paziente Covid. – Il governatore ha poi aggiunto – Non è finita qua. In Italia si decide che un paziente positivo diventa un paziente Covid anche se è in ospedale per altre patologie».

Come esempio ha di fatto portato il recente caso della bimba di 5 anni in terapia intensiva che, oltre al tampone positivo, è affetta anche da altre patologie, dichiarando:

«Il timbro di fabbrica te lo dà la positività. Se il paziente nell’evoluzione della sua malattia ha negativizzazione (al tampone del coronavirus) resta comunque un paziente Covid per le statistiche. Quindi in caso di decesso andrà nella contabilità del paziente Covid che ha perso la vita. È un assurdo ma oggi si ragiona così. – continua – Se il paziente positivo asintomatico, che è tranquillo a casa in isolamento fiduciario, ha un infarto ed entra in terapia intensiva, per me diventa un paziente Covid in terapia intensiva».

In poche parole, il tampone positivo diventa un marchio della storia clinica.

Nessuno fino ad ora ha spiegato il perché di questo metodo e il dubbio che assale molti è che il virus, mutando, stia perdendo la sua forza. Tale ipotesi, qualora fosse accertata, inciderebbe sicuramente sulla corsa mondiale al vaccino.

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