Pianeta Terra – non c’è solo il Covid

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Mentre i TG sono particolarmente attenti alla curva dei positivi da Covid-19 nel mondo, il mondo stesso va a rotoli e si avvicina giorno dopo giorno verso il totale collasso. Non c’è giorno ormai dove non si parli di disastri naturali, soprattutto incendi e città intere distrutte dall’acqua.

Grecia, Turchia e Italia alla California, dall’Australia alla Siberia, l’Amazzonia e l’Africa, il mondo intero sta bruciando, lo si può vedere chiaramente dall’immagine della Fire Information for Resource Management System dell’Agenzia governativa americana.

Si vedono tutti i punti del nostro pianeta che in questo momento sono colpiti da roghi. Europa, con Grecia e Sud Italia su tutti, gli Stati Uniti dove ad ardere è la California ma anche Siberia, Amazzonia e soprattutto Africa. La situazione è sempre più preoccupante.

Nella Repubblica democratica del Congo lo strato di fumo è così spesso che molte aree sono completamente oscurate. Ad ardere ci sono anche la penisola arabica, la costa mediterranea, l’Europa nord-orientale, mentre in Asia a bruciare sono le coste dell’India, la Siberia, nonchè Cina, Malesia e Indonesia.

Per quel che riguarda l’Africa, anche se non è possibile determinare dal satellite come sia partito l’incendio, scrive la Nasa, la diffusione, la posizione e il momento dell’anno suggeriscono che i roghi siano dolosi e siano stati appiccati per scopi agricoli. Di fatto i coltivatori in queste aree usano il fuoco da migliaia di anni per pulire i campi dalle vecchie colture e prepararli per le nuove, bruciare le sterpaglie, rinnovare così i pascoli o la savana.

Anche se il fuoco è un modo efficiente ed economico per gestire la terra, soprattutto nella savana africana dove l’ecosistema dipende dagli incendi periodici per la sua salute, in realtà i roghi sono altamente pericolosi, per il fumo, il rilascio di gas serra e distruzione degli ecosistemi.

La stessa Nasa infatti ricorda che in Africa centrale, la stagione degli incendi di solito inizia a maggio e raggiunge il suo picco in agosto.

Per non parlare dell’incendio devastante che ha mandato a fuoco il cimitero di pneumatici più grande del mondo, che si trova nella zona di Sulaibiya, in Kuwait e che contiene circa 7 milioni di pneumatici.

Non è la prima volta che si verificano disastri ambientali nello stato del Kuwait. Questa zona dell’Asia sud – occidentale è nota per la sua vasta disponibilità di petrolio.  Si stima che qui si trovi il 10% delle riserve petrolifere mondiali, pari a circa 101 miliardi di barili. Nel 1991 a causa dell’incendio di circa 700 pozzi petroliferi si registrò una catastrofe ambientale a livello planetario. I fumi sprigionati rimasero in atmosfera fino a 1800 metri d’altezza e con le piogge ricaddero al suolo distruggendo i raccolti.

Come se non bastasse poi, il livello dell’acqua preoccupa sempre di più, modificando in breve tempo, veri e propri paradisi.

Il lago Urmia, la più grande zona umida dell’Iran e un tempo era uno dei più grandi laghi di acqua salata del mondo. Fino a poco tempo fa era anche la principale destinazione turistica interna dell’Iran.

Ora, l’ex litorale è disseminato di hotel fatiscenti e barche spiaggiate, molte delle quali si alzano in modo sconcertante dal deserto, senza una goccia d’acqua. La stessa mancanza d’acqua che ha affamato il lago sta ora devastando gli enormi tratti di terreno agricolo che dipendono dai suoi fiumi per alimentarsi.

Da un massimo di oltre 5.000 chilometri quadrati il lago si è ridotto a circa un decimo di quell’area nel 2014-2015 riducendosi al 5% del suo volume storico. Gran parte del lago è ora consumato da alghe rosse dall’aspetto malaticcio che si sono scatenate quando l’acqua è svanita e il contenuto di sale è aumentato vertiginosamente.

Tutto questo vi deve ricordare che il pericolo è imminente, non dobbiamo abbassare la guardia in questa lotta contro il Coronavirus ma non possiamo neanche dimenticarci del pianeta su cui viviamo.

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