Pregliasco prevede una nuova ondata dopo l’Immacolata

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A oltre 6 mesi dall’ultima dose di vaccino è molto utile fare un richiamo. Ad ammetterlo è il virologo Fabrizio Pregliasco che teme un Natale difficile. Perché le nuove varianti del Sar-Cov 2 in circolazione schivano meglio le protezioni immunitarie e perché ci sarà, in contemporanea, la diffusione dell’influenza.

Ai microfoni di Rai Radio1, il virologo e presidente Anpas Fabrizio Pregliasco ha spiegato:

«non è finito, ci saranno onde di risalite, tra un mese, per Natale, insieme ad una massiccia dose di influenza e ad infezioni respiratorie – ha ribadito – Le nuove varianti, Cerberus e Centaurus, stanno emergendo sempre di più, schivano le protezioni per questo mi aspetto una risalita dei contagi tra qualche settimana. Il ponte dell’Immacolata – aggiunge – aiuterà certamente la diffusione».

Quanto alla vaccinazione:

«in ogni caso dopo 6 mesi dall’ultima dose – ha concluso Pregliasco – io farei un richiamo del vaccino».

Per la fascia di popolazione over 80:

«non vaccinata il tasso di mortalità risulta sei volte più alto rispetto ai vaccinati con una dose booster e rispettivamente 10 volte e 5 volte più alto rispetto agli immunizzati con la quarta dose da meno di 120 giorni e da oltre 120 giorni».

Lo sottolinea il report esteso dell’Istituto superiore di sanità (Iss), pubblicato online:

Covid-19: sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale”.

L’ospedalizzazione (23 settembre-23 ottobre) risulta all’incirca:

«4 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose addizionale/booster e approssimativamente 6 e 4 volte più alto rispetto ai vaccinati con seconda dose booster da meno di 120 giorni e da oltre 120 giorni».

Il ricovero in terapia intensiva (23 settembre-23 ottobre) sempre degli over 80 non vaccinati, è invece:

«7 volte più alto rispetto ai vaccinati con quarta dose da meno di 120 giorni e 4 volte quello dei vaccinati con quarta dose da più di 120 giorni», conclude l’Iss.

Scende l’incidenza dei casi di Covid per tutte le fasce d’età ma è in aumento rispetto alla settimana precedente la percentuale di casi tra gli operatori sanitari (2,6%) e la percentuale dei casi segnalati nella popolazione in età scolare rispetto al resto della popolazione (8,4% contro 8,1%). Lo evidenzia il report esteso dell’Istituto superiore di sanità.

Nell’ultima settimana, il 17% dei casi in età scolare è stato diagnosticato nei bambini sotto i 5 anni, il 33% nella fascia d’età 5-11 anni, il 50% nella fascia 12-19 anni.

La percentuale delle infezioni fra operatori sanitari la scorsa settimana era al 2,3%. Secondo il report, è:

«in diminuzione rispetto alla settimana precedente il tasso di incidenza in tutte le fasce d’età, ad eccezione della fascia tra i 16 e i 19 anni in cui risulta in leggero aumento».

La stagione influenzale di quest’anno negli Stati Uniti non solo è già cominciata ma sta già registrando picchi significativi di contagio.  Al 5 novembre, riporta Vox, erano stati segnalati quasi 14.000 test influenzali positivi, più di 12 volte il numero di quelli registrati nello stesso periodo del 2019.

L’aumento precoce e vertiginoso della trasmissione dell’influenza di quest’anno è in parte legato al fatto che un numero maggiore di persone viene sottoposto a test per l’influenza rispetto agli anni precedenti. Segnali preoccupanti, scrive Vox, arrivano anche dagli studi medici e dagli ospedali. In questo periodo dell’anno, in genere solo l’1-2% dei pazienti negli ambulatori riporta malattie simil-influenzali. Ma in questo momento il numero sale al 5,5%, secondo il CDC (una sorta di ISS statunitense).

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