Addio al calzolaio della Formula 1

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Sono veramente tanti i volti di coloro che hanno fatto e continuano a fare la storia dei GP Formula 1, per cui il titolo potrà sembrare forzato ma non è così.

Parliamo di un uomo che, come ogni grande attore, aveva già fatto con largo anticipo, la sua uscita di scena. Consegnando all’eternità minima dei fanatici di storie dell’automobilismo, i suoi pensieri che adesso ci suonano come un consiglio valido, quasi un segreto buono non tanto per affrontare la vita ma abbastanza per inseguire i risultati che la rendono meno amara malgrado le difficoltà.

Ciccio da Cefalù così lo chiamavano, un anno fa diceva:

«Non pensate a me con tristezza, sappiate che sono un uomo felice perché ho realizzato il mio sogno: entrare a far parte del mondo delle corse, quello che ho sempre amato. Conoscere e diventare amico di tanti piloti, diventare un fornitore della Scuderia Ferrari, e persino raggiungere una certa notorietà in tutto il mondo»

Era il 20 gennaio del 2022, abbassando, per sempre la saracinesca del suo negozio sul lungomare. Lì, dove si erano fermati i più grandi, rigorosamente a piedi nudi, come fosse un segno di rispetto verso chi consideravano alla propria altezza. E quella lettera di addio al suo mestiere, alla passione che ha reso celebre la sua vita, appare oggi come l’inchino dell’attore davanti al suo pubblico mentre cala il sipario e si sentono gli applausi, per l’ultima volta.

Ciccio da Cefalù, l’inventore delle scarpe per correre in auto, è morto il 1° gennaio 2023, pomeriggio a 87 anni.

Sembra di sentire ancora quel filo di voce che al telefono fino agli ultimi giorni raccontava con estrema precisione le storie dei piloti. Sempre partendo dai loro piedi:

«Mario Andretti? Il 43. E Lauda? Il 41. Sa, i piloti hanno tutti dei piedi piccoli, difficile che qualcuno avesse più del 43. A parte Vic, ma quella è un’altra storia…».

Ricordava ancora a memoria il numero di piede di tutti i campioni del volante a cui ha fatto le scarpe. Quello che Ciccio, ha fatto per tutti, in realtà è stato inventare qualcosa di nuovo, pensato in modo specifico per i piloti. Per gente che rischiava la vita a oltre 200 all’ora fra le strade di paese della Targa Florio o a oltre 300 orari nelle piste di Formula 1.

Inoltre, le sue scarpe funzionavano così bene che non ci fu pilota degli anni romantici dell’automobilismo che non ne avesse ordinato almeno qualche paio. E fino all’ultimo, nel momento in cui aveva chiuso la sua bottega, erano continuati ad arrivare ordini da tutto il mondo.

Anche se un paio di scarpe da corsa, ispirate al suo primo modello, si trova ormai ovunque. Ma quelle scarpe, quelle di Ciccio da Cefalù, hanno un’anima oltre che una storia. Fu Ignazio Giunti a chiedergli di realizzarle. Era il 1967, Ciccio realizzava scarpe da decenni.

«Ho iniziato nella bottega dello zio quando avevo meno di 10 anni»

Raccontava lui stesso, quando nel suo negozio si presenta Ignazio Giunti. Era pronto a guidare l’Alfa 33 alla Targa e gli chiese un paio di scarpe speciali. Ciccio le realizzò, pensando da pilota:

pianta larga e piatta per star comodi e pigiare meglio sui pedali, lacci alti per regolare meglio la chiusura e poi il cuoio incollato.

Basti pensare che solo questa, fu l’unica cosa a cambiare nel tempo. Di fatto il calore dei motori a volte squagliava la colla, meglio cucirle. E così quel modello che mandò in soffitta le scarpe di tutti i giorni a bordo dei bolidi è arrivato fino ai giorni nostri.

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