Piccole donne (2020)

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Non poteva mancare nella mia lista di film visti ad inizio 2020 e così, a sala tranquilla come dico sempre io, è stata la volta di “Piccole donne”. Di cui fra l’altro ho voluto recuperare anche il libro, visto che non rientra fra quelli letti durante la mia infanzia, per cui lo sto leggendo e fra non molto vi farò avere la recensione.

Nonostante ciò ho apprezzato subito gli elementi di fedeltà al testo che ho riconosciuto nei dialoghi e nei modi di fare delle ragazze. Ciò che mi è stato più ostico apprezzare in realtà è stata la modalità scelta da Greta Gerwig per raccontare la storia, ovvero quella di destrutturare la costruzione lineare del romanzo e procedere per balzi temporali, eliminando quindi totalmente una narrazione fluida e lineare.

Questa scelta non solo le ha fatto perdere dei piccoli dettagli per la strada ma ha come risultato quello di mettere letteralmente in difficoltà chi non ha letto il libro, sopratutto quando i balzi iniziano ad essere sempre più frequenti con tempi ancora più ridotti e di conseguenza, chi invece l’ha fatto si ritrova a dover spiegare dei dettagli ai mal capitati.

Si apprezza sicuramente l’amore che la Gerwing ha per il romanzo da una vita intera e la sua volontà di sottolineare l’emancipazione delle donne, per la scelta di una strada indipendente, rispetto alle regole di una società maschile. Di fatto la regista si concentra molto sul personaggio di Jo March, alter ego della scrittrice Louisa May Alcott.

Al termine poi si comprende la sua volontà di fondere insieme finzione e verità biografica, elemento questo che è di grande aiuto per chi come me ha deciso di leggerlo in contemporanea all’uscita del film. Non vi toglie la curiosità, anzi l’alimenta.

A prescindere da quello che penso è stato senza ombra di dubbio emozionante e tutto ciò ha portato il film a ricevere diverse candidature ai Premi Oscar 2020, come Miglior Film, Miglior Attrice protagonista per Saoirse Ronan alias Jo, Miglior Attrice non protagonista per Florance Pugh alias Amy, Miglior costumi e Miglior Colonna sonora originale.

Se non mi sono persa nel conto siamo al terzo adattamento cinematografico, il primo risale al 1933 ed era diretto da George Cukor quando Jo era interpretata dalla grande Katharine Hepburn e nel 1994, diretto da Robin Swicord e il cast vantava nomi come Winona Ryder, Christian Bale e Kirsten Dunst.

Nel nostro caso, pur rappresentando 4 eroine della letteratura americana, nessuna delle attrici lo è, Emma Watson alias Meg e Florance Pugh sono inglesi, Saoirse Ronan è irlandese ed Eliza Scanlen alias Beth è australiana. Attrici che hanno interpretato le loro parti in maniera egregia ma la scelta di qualche altro personaggio è a mio avviso discutibile, come Timothée Chalamet alias Laurie che onestamente ho trovato poco credibile.

Detto ciò la regista va comunque premiata per aver portato a termine un sogno che aveva dall’infanzia e per avere lavorato duramente fino alla fine, anche se durante le riprese era incinta del suo primo figlio, entrando in travaglio appena 24 ore dopo aver consegnato il suo duro lavoro.

Ma non solo, l’amore di questa donna per la sua scrittrice preferita ha inciso in ogni scelta, di fatto la Gerwig ha voluto che il set della casa delle sorelle March fosse esattamente nel luogo dove la Alcott ha vissuto e dove quindi ha scritto il romanzo, Orchard House a Concord in Massachusetts, oggi diventata una casa museo.

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