Inflazione, la situazione nei prossimi mesi

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Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm ha dichiarato che ci sono ben 3 motivi per cui si pensa che nei prossimi mesi l’inflazione scenderà.

Il primo è l’aumento dei tassi da parte delle banche centrali che fa crescere la probabilità di una recessione nei prossimi dodici-diciotto mesi ma, almeno secondo il presidente della Fed Powell, sembra che questo sia il prezzo da pagare per ridurre l’inflazione.

Il secondo motivo è che anche se l’inflazione resta alta, stiamo tuttavia osservando alcuni segnali di normalizzazione, sia dal lato dell’offerta che della domanda: ci dobbiamo quindi chiedere se continueranno e quanto rapidamente si tradurranno in un rallentamento dell’inflazione. Riteniamo che i dati macro continueranno ad attenuarsi a fronte di una politica monetaria più restrittiva. Anche alla luce di tutti i rischi legati all’offerta, ci aspettiamo di vedere un rallentamento dell’inflazione nei prossimi mesi.

Il terzo motivo riguarda il punto di vista del posizionamento di portafoglio, se dovessimo assistere a uno scenario di “inflazione più bassa in tempi brevi”, l’approccio più aggressivo sarebbe quello di acquistare duration (ossia obbligazioni a lunga scadenza) e azioni growth.

Secondo Flax l’inflazione inizierà a rallentare. Le sue affermazioni si basano sul fatto che in primo luogo, cerchiamo di controllare il “Milton Friedman” che c’è in noi. La crescita della massa monetaria ha subito un’accelerazione durante la pandemia, ma dal 2021 mostra segnali di rallentamento.

In secondo luogo, vediamo alcuni segnali di miglioramento delle catene di approvvigionamento. Alcuni prezzi di riferimento per il trasporto di container sono ancora alti ma hanno iniziato a scendere.

In terzo luogo, si registrano segnali di indebolimento della domanda. Nel Regno Unito, ad esempio, le vendite al dettaglio sono diminuite su base annua. Negli Stati Uniti, l’indicatore Citigroup Economic Surprise è diventato negativo.

Nel complesso, l’occupazione nei mercati sviluppati rimane solida, ma la disoccupazione è generalmente un indicatore che sconta un certo ritardo. Tuttavia, l’indice di occupazione dell’indagine ISM Manufacturing ha iniziato a mostrare una certa debolezza, anche sul fronte delle materie prime, si intravvede qualche segnale di debolezza, anche se da livelli elevati.

In sintesi, se oggi l’inflazione rimane ostinatamente alta, osserviamo tuttavia alcuni segnali di normalizzazione sia dal lato dell’offerta che della domanda. Le banche centrali continueranno ad aumentare i tassi (come previsto dal mercato), anche se le economie dei mercati sviluppati iniziano a rallentare. Questo aumenta la probabilità di una recessione nei prossimi dodici-diciotto mesi. Il messaggio, almeno da parte del presidente della Fed Powell, sembra essere che questo sia il prezzo da pagare per ridurre l’inflazione.

Alcuni potrebbero definirlo un errore di politica monetaria, ma non è detto che la Fed lo percepiscano allo stesso modo.

In ogni caso si ritiene che i dati macro continueranno ad attenuarsi, a fronte di una politica monetaria più restrittiva. Anche alla luce di tutti i rischi legati all’offerta, come la guerra in Ucraina. Ci aspettiamo di vedere un rallentamento dell’inflazione nei prossimi mesi. A onor del vero, questo è in linea con le attuali aspettative degli analisti, ma considerando la frequenza con cui le stime di inflazione sono state riviste al rialzo, si potrebbe essere scettici su qualsiasi previsione di inflazione.

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