Nuovi poteri per gli amministratori di condominio

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Questo articolo si collega all’articolo uscito ieri, quindi continueremo a trattare dei nuovi poteri e delle nuove responsabilità assegnate dalla riforma agli amministratori di condominio.

Al discorso di ieri, vanno quindi aggiunti dei profili critici. La nuova previsione normativa ha da subito destato dubbi e critiche, legate al fatto che, secondo gli insegnamenti della Cassazione, nel Condominio “l’organo principale depositario del potere decisionale è l’assemblea dei condomini” mentre l’amministratore avrebbe quale “prima e fondamentale competenza” quella di “eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini” (Cass. SS.UU. n. 18331/2010).

A ciò si aggiunga che è di competenza specifica dell’assemblea decidere in merito alla partecipazione alle liti attive e passive quando l’oggetto di queste esorbiti dalle attribuzioni dell’amministratore (cfr. art.1131 c.c.).

Proprio questo profilo aveva già fatto nascere dubbi circa la ratio dell’obbligo imposto all’amministratore dalla riforma del 2012 di partecipare alla mediazione solo previa autorizzazione assembleare.

Infatti, da un lato, gli continuava ad essere consentito di agire o resistere in giudizio in tutti i casi rientranti nelle sue attribuzioni (vedasi ad esempio la riscossione delle quote ordinarie, per le quali anzi l’amministratore è tenuto obbligatoriamente ad agire, salvo diversa delibera assembleare), dall’altro, la Riforma del Condominio lo aveva obbligato a ricevere la preventiva autorizzazione assembleare a partecipare ad una mediazione (obbligatoria), pur avendo questa ad oggetto la conciliazione stragiudiziale della medesima lite intrapresa in assenza di qualsiasi preventiva delibera autorizzativa.

A fronte di questa discrasia, però, la diversa soluzione adottata dall’ultima Riforma sembra ancora più incomprensibile se solo si considera che viene fatta ricadere sul solo amministratore la decisione se intraprendere o far aderire il Condominio ad una procedura di mediazione quando l’oggetto della stessa fuoriesce dall’ambito delle competenze e delle attribuzioni riservate ex lege all’amministratore e proprie invece della sola Assemblea.

E questo ancor di più se si considerano gli oneri che una decisione del genere comporta per il Condominio e le responsabilità che così vengono fatte ricadere sul solo amministratore.

Di conseguenza, l’amministratore, con la riforma, sarà sempre tenuto a valutare tutti i profili di opportunità della mediazione ed impegnare economicamente il Condominio, senza che l’assemblea dei Condomini sia neanche informata della vertenza.

E se desidera cautelarsi convocando un’assemblea, dovrà necessariamente farlo nei tempi ristretti dettati dal giudice o dall’organismo di mediazione senza poter richiedere alcun rinvio del primo incontro informativo.

L’incongruenza ha indotto parte della dottrina a formulare delle letture correttive della norma. Si è quindi proposto di intendere la previsione normativa nel senso che la legittimazione dell’amministratore a promuovere, aderire e partecipare ad una mediazione senza autorizzazione assembleare valga solo nel caso in cui questa abbia un oggetto rientrante nelle attribuzioni dell’amministratore stesso, ai sensi dell’art. 1130 c.c.

La norma, tuttavia, non sembra consentire una simile lettura, con tutti i relativi dubi che poi a questo punto scatena.

Se la data dell’incontro non consente la convocazione di una assemblea condominiale, l’amministratore non potrà chiedere un rinvio ma dovrà decidere personalmente se partecipare o meno alla mediazione. L’amministratore si assume quindi la responsabilità o di far sostenere al Condominio delle spese per la mediazione o quella ancora più gravosa di non partecipare alla mediazione stessa.

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