Come sarà il post pandemia

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Ormai stiamo affrontando a pieno il secondo anno di questa Pandemia da Covid-19 e ci si chiede, con una nota di spensieratezza, quando tutto ciò avrà fine. Ma sappiamo che le Pandemie, terminano quando il virus si indebolisce e insieme ad esso, si giunge alla tanto nominata immunità di gregge.

Ma all’atto pratico, come torneremo a vivere una vita che possa somigliare a quella precedente? Quali saranno gli strascichi che ci porteremo dietro, con le relative conseguenze?

Resta forte la speranza che i vaccini possano riportare in fretta il mondo alla normalità, è altresì evidente che vaccinare interi continenti è un’impresa difficile, purtroppo in certe aree si sta dimostrando addirittura impossibile a partire dalla disponibilità del vaccino e dall’organizzazione di quanto è necessario per somministrarlo, soprattutto nelle aree più povere del mondo.

Ci vorrà ancora un periodo indeterminato e intanto lo sforzo a cui sono chiamati i governi per sostenere le loro economie diventa sempre più impegnativo e prolungato nel tempo.

Un saggio dell’economista Fabio Menghini, edito da goWare, ripercorre tutte le tappe della pandemia fissando l’attenzione su quei fenomeni di cambiamento economico e sociale che essa sembra aver accelerato.

Il saggio di Fabio Menghini, economista già autore di numerose pubblicazioni, descrive quanto sta accadendo nel mondo e in Italia.

È ormai chiaro ormai come il virus abbia ampliato le divisioni esistenti tra le professioni a danno dei lavoratori e delle donne, risultate fra i ruoli meno pagati.

I cosiddetti “Zoomers” possono facilmente lavorare da casa utilizzando le video call al posto delle riunioni e continuando a percepire il loro stipendio, anche se in alcuni casi anche qui si è sviluppato un fenomeno che ha portato dei cali, pur richiedendo ancora un massimo rendimento. Ma il fatto stesso che questi lavori si sviluppino, ormai da un anno al chiuso nelle case, porta il tutto a rimanere nascosto sotto sabbia.

Per tutti gli altri la situazione appare assai disastrosa. Esistono attività che per forza maggiore richiedono un lavoro in presenza, aumentando peraltro il rischio di contrarre il virus. Esistono peraltro correlazioni tra lavoratori da casa e le attività di servizi alla persona che appunto si svolgono in presenza, in genere presenti nelle aree a maggiore attrazione turistica.

È qui che si sono registrate le più forti perdite di occupazione. Come muteranno gli stili di vita e di lavoro, anche in termini localizzativi e quando riprenderà il turismo, diventeranno fattori chiave per immaginare il destino dei tanti disoccupati attuali.

Questo ci fa temere che non tutto tornerà come prima, compresa la diffusione dei servizi alla persona sui quali, giusto pochi mesi fa, si concentravano alte aspettative di crescita. Il rischio di una disoccupazione di massa permanente è alto, considerando che nel frattempo l’età delle persone si sta alzando, di certo la crescita fisica in un individuo non può aspettare la fine della Pandemia.

Licenziamenti che erano inizialmente stati descritti come una risposta temporanea alla crisi sanitaria, stanno trasformandosi in qualcosa di permanente, lasciando milioni di lavoratori a casa. Purtroppo, la prolungata durata del virus sta facendo comprendere a molte aziende che esse non hanno bisogno di tutti i lavoratori che avevano occupati fino al febbraio del 2020. E tale discorso purtroppo sta valendo per tutti, anche per i lavoratori in smart working.

Secondo alcuni osservatori ora che una parte significativa della forza lavoro è stata messa in smart working, le aziende potranno puntare ad acquisire parte di quel lavoro ad un prezzo più competitivo, assumendo lavoratori che risiedono in paesi con bassi salari.

Quindi pensandoci, la pandemia non ha fatto altro che accelerare il declino dell’occupazione, una tendenza purtroppo già in atto da anni.

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